giovedì 10 novembre 2011

Il mito e i paesaggi lunari


Il mito e i paesaggi lunari
Per una Nuova Oggettività

(in AA. VV., Per una Nuova Oggettività. Popolo, partecipazione, destino, Heliopolis, Pesaro, 2011)

     Se il tempo che abitiamo presenta fattezze non interpretabili con l'ausilio degli strumenti socio-politici e filosofici tradizionali, esso può parimenti trasformarsi in un'occasione affinché forze, rimaste sopite sino ad ora, possano finalmente riemergere dal fondo metastorico dell'uomo e del suo mondo. Il movimento accelerato che caratterizza il nostro tempo, stravolgendo le categorie ermeneutiche dell'uomo, conduce quest'ultimo ad ambiti superiori alle forme storiche. La lotta tra dei e titani si manifesta nuovamente alla fine di ogni ciclo, come ben sostenne Ernst Jünger, meditando in mezzo ai paesaggi lunari della prima Guerra Mondiale. Contestualmente a questa situazione di passaggio, riteniamo solo una Nuova Oggettività possa fornire alla cultura occidentale una lucida coscienza del gravoso compito che la attende, a ridosso delle faglie metastoriche che minacciano gli imperi tecnocratici contemporanei, il cui suicidio planetario si palesa sempre più chiaramente.
     Crollati i feticci con cui la tecnica mascherò se stessa nei secoli XVII e XVIII, quest'ultima si rivela nella sua nudità: alle soglie del nuovo millennio, termini come democrazia, progresso, égalitarismo hanno perso la loro forza propulsiva. Mentre i dogmi di ieri cessano di avere realtà effettuale, i nuovi valori paiono indugiare sulla soglia dell'umanità. Forse per la prima volta nella Storia mondiale, l'Occidente non dispone di una Weltanschauung adeguata al suo stato fattuale. Esso pare antiquato rispetto al mutamento che si trova a subire. Ducunt volentem fata, nolentem trahunt.
     Secondo la lezione, ampiamente inascoltata, di certa eretica filosofia della storia, solo ora risulta palese la componente essenzialmente fideistica di quegli assiomi indiscutibili che ressero, fino alle numerose prove del fuoco del XX secolo, la Weltanschauung degli occidentali. Disadorno di ideologie e spiritualità, il corso della storia esibisce la propria anima d'acciaio. Ebbene, questa natura ancora richiede un riconoscimento, il quale s'attarda. A partire da siffatto dislivello hanno origine tutte quelle crisi che attanagliano le masse alla soglia del nuovo millennio, l'assunzione delle quali, in vista di un superamento, è il compito essenziale delle prossime filosofie della storia. Se le componenti borghesi hanno dichiarato definitivamente la loro bancarotta, i nuovi valori, in grado di dominare il movimento, ancora non si mostrano. Viviamo in un interregno.
     In una siffatta situazione, pertanto, inutile e fuorviante si rivela qualsiasi passatismo, che intenda restaurare paradisi perduti e incontaminati per colmare vertiginosi vuoti di significazione. Per essere all'altezza della modernità, occorre correggere questa ultima con i suoi stessi strumenti. Dotare i tempi moderni di nuove mistiche, secondo la lezione di un Filippo Burzio. Questa la scommessa della Nuova Oggettività: reintegrare storia e metastoria, sfruttando il riapparire di questa ultima alla fine del ciclo che coinvolge il nostro essere al mondo. Indubbiamente, l'estensione planetaria della nostra percezione attuale non può che favorire questo movimento: conquistata la totalità del nostro Umwelt, secondo il celebre motto heideggeriano, nessun dio può soccorrerci. L'uomo è rimesso alle sue forze: occorre una adeguata visione del mondo lucida, disincantata e scevra tanto dei vaneggiamenti di un idealismo che consacra intere ciclicità storiche a poche idee quanto della tirannia del materialismo livellante differenze e specificità, sotto il segno dell'inferiore. Una visione oggettiva, insomma, che sappia intravedere, anche dietro le turbine che muovono il paesaggio planetario, l'impronta degli dei, secondo la lezione eraclitea.
     Giacché solo a livello simbolico e archetipico può darsi, peraltro, un incontro tra la molteplicità delle culture. Sotto il segno di una storia intesa come immanente epifania – escludente a priori la retromondista dualità tra sacro e profano sotto il segno di una trascendenza immediata, inscindibilmente legata ad una visione verticale e assiale dell'uomo e del suo ambiente – le culture molteplici cessano di divenire preda di quel sistema che strangola i popoli, secondo l'eccellente formula di Guillaume Faye, per sublimarsi in monadi qualitativamente differenti e necessarie nella propria specificità, salvaguardate da quel suum quique tribuere che si fa crisma di una realtà intesa in maniera organica e non analitica. La scommessa è decisiva: nei suoi domini, lo sguardo oggettivo diviene metastorico, simbolico, mitico e archetipico.
     Le ultime propaggini della storia annunciano figure di ordine metastorico: nel mostrarsi immediato di forze che non abbisognano più di giustificazioni politiche o filosofiche risiede il vantaggio che caratterizza il nostro esserci. Ci avviciniamo al mozzo immobile di una ruota che gira sempre più vorticosamente. In questo momento storico, una Neue Sachlichkeit può dimostrarsi quale ultima strategia all'altezza della situazione, laddove sia in grado di sintetizzare orizzontalità e verticalità, mito e logos, storia e metastoria. Proprio in questo riscatto essa può porsi quale obbiettivo essenziale, grave e destinale, per un Occidente che non voglia sacrificare il proprio avvenire alla materia o ad un'idea – sempre decisamente umana, troppo umana.

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