lunedì 11 giugno 2012

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L'eccezione di Antarès
di Luca Negri
(L'Occidentale, 27 maggio 2012)

La grave crisi elettorale, di consenso e d’identità che colpisce tutta la politica italiana ha una causa, fra le tante, che ci appare lampante: la scarsa attenzione alle risorse culturali, il risicato investimento economico nei laboratori di idee. Gli effetti sono ancora più evidenti nel campo del centro-destra, quello che, in teoria, per le sue stesse radici, dovrebbe equilibrare i danni del progressismo spinto.
Ma il momento è ormai duro, i soldi non ci sono, o se ci sono vanno ad altri beni più o meno primari. Gli organi di informazione stanno chiudendo, talvolta con debiti, a sinistra a destra; è successo a Il Riformista e a La Bussola quotidiana, non è un mistero la situazione critica de Il Manifesto e de Il Foglio. Difficile di questi tempi immaginare mecenatismi che foraggino giornalisti, filosofi, letterati.
Meno male che qualcosa si muove lo stesso, autonomamente, senza aiuti dallo Stato né dai partiti, con l’impegno di universitari milanesi e il coraggio imprenditoriale delle edizioni Bietti. Parliamo di impegno e coraggio perché la rivista trimestrale che hanno prodotto, Antarès, costa euri zero, è in distribuzione gratuita nelle librerie di alcune città italiane (fra cui Milano, Roma, Torino). Esiste anche un contatto in rete (www.antaresrivista.it) e un profilo su Facebook, ma la vera rivista è cartacea, concreta, chiede per forza un po’ di denaro per esistere. Ecco il coraggio, coi tempi che corrono.
La crisi della politica, dicevamo sopra, è soprattutto crisi di idee. Non che la cosa sia consolante, ma si tratta comunque di un riflesso, di una declinazione, della crisi più grossa, quella dell’intera modernità. Antarès suggerisce aiuti già dal sottotitolo: Prospettive Antimoderne. Che non significa meramente reazionarie o nostalgiche, semmai l’invito è a superare il moderno, fase post compresa, a rimettere in atto certe potenzialità pre-moderne, a-temporali. Significativi in questo senso i nomi degli scrittori e filosofi interrogati dalla rivista. Il primo numero era dedicato a H. P. Lovecraft (solo chi non lo ha mai letto può liquidarlo come semplice scrittore horror), il secondo al “camminare nelle sue valenze spirituali, filosofiche e metafisiche”, il terzo alla “critica metafisica del nostro tempo” in autori come Evola, Jünger Simone Weil, Yukio Mishima, Alain De Benoist.
Il numero fresco di stampa è tutto per Tolkien e per la sua costruzione di “un’epica per il nuovo millennio”. Alcune firme già note danno ancor più lustro all’impresa: Quirino Principe, Gianfranco de Turris (“padrino”  della rivista, che fa luce sulle “radici sacre e simboliche della letteratura fantastica”), Adolfo Morganti, che mette a confronto il sentimento dell’Apocalisse in Solov’ev, James Ballard e Tolkien. Quasi a coronare il tutto, una bella intervista a Franco Cardini sul rapporto fra il padre de Il Signore degli anelli e la tradizione europea.
Ci sentiamo di augura lunga vita ad Antarès, dato che non è facile sopravvivere nell’arena editoriale italiana. Anche se la scrittura non è un  lavoro ma volontariato. E a proposito di volontariato, a differenza di altri campi d’intervento, quello culturale ha bisogno di tempo per studiare e meditare, libri di leggere. Alla lunga diventa difficile reggere dal punto di vista finanziario, l’angoscia di non riuscire a pagare l’affitto o le bollette non è d’aiuto a chi deve sforzare l’intelletto. È ora che qualche mecenate preoccupato per le sorti culturali, politiche ed artistiche del paese se ne renda conto.           

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