IL
SACCO DI LISBONA. PESSOA E' ANTIFASCISTA!
di
Averno
Ce
l'hanno fatta di nuovo. Ne hanno reclutato un altro. È lo scoop
dell'Espresso. Fernando Pessoa era antifascista.
Tutti
ormai sappiamo della vicenda del poeta plurimo per eccellenza, che
sdoppiò, triplicò, quadruplicò la propria persona, per essere
“plurale come l'universo”, come ebbe a scrivere non solo egli
stesso ma anche numerosi suoi “eteronimi”.
È
un gioco talmente complesso – e irriducibile ai dettami dello
strutturalismo e del decostruzionismo imperversanti – che continua
anche dopo la morte corporale dell'ortonimo. Che accade? Dopo la sua
dipartita emergono dubbi su tutta una serie di personalità di cui si
sa poco, che magari hanno pubblicato qualche articolo o poco più.
Che si tratti di Pessoa, firmatosi sotto un altro nome? Che si tratti
di un ennesimo gioco di prestigio del “poeta fingitore”?
È
quanto recentemente emerso da una ricerca svolta in Portogallo da
José Barreto e pubblicata sulla prestigiosa rivista “Pessoa
plural”, pubblicata dall'Università di Utrecht, dalla Brown
University e dalla Universidad de los Andes, la quale mette a fuoco
la complessità di una figura che può valere da cartina tornasole
dell'atmosfera dei primi decenni del XX secolo. Questo rinvenimento è
ricordato dallo zelante Marcello Sacco nell'Espresso di questa
settimana, con toni che non possono non impensierire chi abbia a
cuore una cultura finalmente libera dalle etichette di ieri. Ma,
prima di tutto, ecco il retroscena.
Siamo
nel 1926, scrive il nostro articolista. Da pochi mesi, il generale
Carmona ha calcato la scena pubblica, instaurando una dittatura
militare. In questo contesto, la rivista “Sol”, la quale chiuse i
battenti poco tempo dopo, ospita una curiosa intervista ad un esule
italiano, tale Giovanni B. Angioletti. Un uomo la cui avversione
verso il fascismo fu tale da spingerlo a definire Mussolini un
“primitivo celebrale”, a capo di un movimento contagioso come la
follia, che avrebbe costituito uno dei capitoli del grande tradimento
della “missione civilizzatrice” assunta dall'Italia subito dopo
la sua Unità. Nulla di strano, no, soprattutto pensando a quanti
avversari ebbe il Regime dentro e fuori dall'Italia? E ecco che
invece è il nostro poeta che ci ha tirato nuovamente uno scherzetto.
Dietro a quest'uomo, ignoto non fosse che per la detta intervista, si
cela Fernando Pessoa.
Ma
non è tutto. Nello stesso articolo si legge di un frammento trovato
da Barreto nel celebre “baule” pessoano, le cui vicende hanno
appassionato ragazzi e adulti di ieri ed oggi, il quale reca queste
parole, atte a commentare la puntualità dei treni “quando c'era
lui”, con toni che sono a tutti gli effetti quelli pessoani: “Se
i fascisti vi uccidono il padre a Roma, da Milano potete sempre
arrivare puntuali al funerale”. La grandezza di Pessoa risiede
anche in questo: nel condensare la sua critica libertaria ad un
regime populista, massificatore e chiassoso in poche, aggressive
allocuzioni. Non c'è niente da fare, è così. Si possono elaborare
lunghe ed elaborate argomentazioni ma chi ha il dono dell'aforisma,
le scavalca, librandosi, scagliando le sue parole come schegge, come
scrisse un grande scrittore di aforismo, Dàvila.
Benissimo.
Questo ritrovamento depone a favore dell'esistenza di una parte –
in senso letterale, s'intende, da un punto di vista eteronimico –
antifascista di Pessoa. Niente di nuovo, purtuttavia. Già erano
arcinote le avversioni pessoane verso il Regime mussoliniano – ma
anche verso quello salazariano. Meno noto è forse che Pessoa ebbe a
criticare tanto i summenzionati Regimi quanto comunismo e democrazia.
Se pertanto, possiamo definire Pessoa “antifascista”, allora
dovremmo aggiungere alla dicitura anche il suo tratto anticomunista e
antidemocratico. Pessoa, assieme a molti altri, criticò in detti
regimi il livellamento delle specificità in masse amorfe ed acefale,
disposte a scattare al primo tacco di stivale battuto al suolo.
Nell'imbarbarimento operato da fascismi e comunismi egli vide la fine
della storia, l'ingresso nella modernità. Pessoa era antimoderno
– anche qui risiede la sua attualità. Forse a certi stomachini
delicati non andrà giù, ma egli fu anche questo, tra le
altre cose – tra le moltissime altre cose.
Sì,
ma perché queste righe, allora? A parte suo il titolo – che pare
comunque echeggiare qualche slogan trito e ritrito, che comunque non
può che ossequiare il “buon senso” accuratamente coltivato da
certa cultura italiana, la quale vive di parole d'ordine alle quali,
per pavloviano influsso, letteratini di terz'ordine si alzano ed
applaudono, al pari di quelle masse ammaestrate dai demagoghi di
turno che l'articolo vorrebbe denunciare – il contributo è serio,
obiettivo e scientifico. Si limita ad informare e nulla di più.
Tuttavia, la chiosa finale ne preclude il carattere, rilevando la sua
vera intenzione. “E pensare, scrive il Sacco, che da noi, anche in
occasione della morte di Antonio Tabucchi, si è continuato a
ripetere che Pessoa fosse stato un uomo di destra”. Ahi ahi! Perché
una caduta di stile di questa sorta? Forse era necessario aggiungere
una tacca alla lista degli eteronimi per conoscere l'avversione del
poeta a qualsiasi forma di oppressione legalizzata – fosse fascista
o comunista o democratica?
Ci
permettiamo un paio di considerazioni, a proposito di questo “Sacco
di Lisbona”. Circa l'equazione Destra-Fascismo, altri prima di noi
hanno già scritto abbondanti pagine e non insisteremo ulteriormente.
Come non ricordare, però, tutti quegli intellettuali da sempre
fieramente proclamatisi di Destra che criticarono profondamente gli
aspetti più populisti e deleteri del Fascismo, ma anche del
nazionalsocialismo? Come non ricordare i nomi di coloro che si
opposero al Regime non in quanto suoi avversari ma in quanto avversi
al ducismo organizzato, alle sue forme più esteriori, alla sua
biopolitica? Destra e “antifascismo”, pertanto, sebbene il nostro
articolista paia ignorarlo, non sono espressioni necessariamente
antitetiche. È possibile criticare le adunate oceaniche ed essere al
contempo di Destra – il fascismo, peraltro, non essendo che un
capitolo tra gli altri della Destra. Sorprese, queste, che la storia
riserva, che tuttavia riempiono di stupore solo chi sia in grado di
intravederle.
Il
che, comunque – diciamolo subito, prima che qualcuno gridi allo
scandalo – non è il caso di Pessoa. Il quale non può
essere – e non è stato – definito un uomo di Destra. Come è
accaduto per numerosi altri scrittori e pensatori – valga come caso
esemplificativo il nome di J. R. R. Tolkien – lo spettro dello
“scrittore di Destra” è stato evocato “dall'altra parte. Che è
accaduto a seguito della morte di Tabucchi? Non vi sono state che
puntualizzazioni di carattere scientifico – che qualcuno, oggi come
ieri, continua a confondere con ideologia – concernenti il modus
operandi del grande traduttore e promotore, che ha diffuso sì la
figura di Pessoa, mutilandola però da tutta una serie di tratti
fondamentali – dagli studi sul mito agli interessi pessoani verso
dottrine esoteriche e i suoi studi sulla tradizione. Questo è
accaduto. E null'altro. Altro che “scrittore di Destra”.
Prima
di essere definito scrittore di qualsivoglia “parte” politica,
Pessoa disponeva di una sua peculiare immagine del mondo, di una
Weltanschauung – oggi un bene più prezioso dell'acqua nel
deserto – che subordinò la storia al mito e rifiutò quelle
innumeri dottrine moderne che legano il divenire dell'uomo e del suo
ambiente circostanze alla mera materia. Fu avversario del
progressismo, del materialismo, degli ideali della Rivoluzione
Francese e se criticò il Fascismo, il salazarismo, il comunismo e il
democratismo, ciò avvenne come declinazione particolare di questa
sua visione delle cose. La sua avversione a questi fenomeni, vittoria
della quantità, di un imbarbarimento che abbassa l'uomo al suo piano
animale, dunque, non è che una applicazione di questa sua filosofia
della storia. Nei detti movimenti – e anche qui risiede la sua
drammatica attualità – egli vide la Modernità trionfante, nelle
sue maschere più orribili, dalle orbite vuote. Vide la vittoria del
nichilismo, tema tanto caro a Friedrich Nietzsche, di cui il poeta
portoghese fu attento lettore, sino ad auspicare, in uno dei suoi
scritti firmati dall'eteronimo futurista Campos, dopo aver messo al
bando qualsiasi forma di potere organizzato e di cultura, l'avvento
del superuomo, sì, proprio di quel superuomo:
“Il
superuomo sarà non solo il più forte ma anche il più completo!
Il
superuomo sarà non solo il più duro ma anche il più complesso!
Il
superuomo sarà non solo il più libero ma anche il più armonico!”
E,
si badi – e questo a ricordare la complessità di un pensiero che
non è riducibile ad uno dei suoi tratti senza risultarne distorto e
mutilato – nello stesso articolo, critica il nietzschianesimo
d'oltralpe nonché la figura di d'Annunzio, che di quest'ultimo fu
alfiere in Italia.
È
a questa visione del mondo che occorre guardare, non alle sue
declinazioni individuali. Ma, si sa, è molto più facile fissare il
dito, piuttosto che la Luna. Soprattutto quando esso punta contro il
Nemico Assoluto.
Pessoa
non fu “uomo di Destra”. Affermare ciò è tanto riduttivo quanto
affermare il suo essere esclusivamente “antifascista”. Queste
sono bagatelle che riguardano solo ed esclusivamente una certa
cultura italiana, ancora viziata da vecchie categorie che, non appena
ne capita l'occasione, vengono ribadite, a suggello della loro
perenne validità. È la “tradizione orale” del nostro Paese; per
quanto ancora ci impedirà di accedere alla naturale complessità di
un'opera e di un autore come quello in oggetto?
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