martedì 7 agosto 2012

Ancora su Fernando Pessoa

IL SACCO DI LISBONA. PESSOA E' ANTIFASCISTA!
di Averno

Ce l'hanno fatta di nuovo. Ne hanno reclutato un altro. È lo scoop dell'Espresso. Fernando Pessoa era antifascista.
Tutti ormai sappiamo della vicenda del poeta plurimo per eccellenza, che sdoppiò, triplicò, quadruplicò la propria persona, per essere “plurale come l'universo”, come ebbe a scrivere non solo egli stesso ma anche numerosi suoi “eteronimi”.
È un gioco talmente complesso – e irriducibile ai dettami dello strutturalismo e del decostruzionismo imperversanti – che continua anche dopo la morte corporale dell'ortonimo. Che accade? Dopo la sua dipartita emergono dubbi su tutta una serie di personalità di cui si sa poco, che magari hanno pubblicato qualche articolo o poco più. Che si tratti di Pessoa, firmatosi sotto un altro nome? Che si tratti di un ennesimo gioco di prestigio del “poeta fingitore”?
È quanto recentemente emerso da una ricerca svolta in Portogallo da José Barreto e pubblicata sulla prestigiosa rivista “Pessoa plural”, pubblicata dall'Università di Utrecht, dalla Brown University e dalla Universidad de los Andes, la quale mette a fuoco la complessità di una figura che può valere da cartina tornasole dell'atmosfera dei primi decenni del XX secolo. Questo rinvenimento è ricordato dallo zelante Marcello Sacco nell'Espresso di questa settimana, con toni che non possono non impensierire chi abbia a cuore una cultura finalmente libera dalle etichette di ieri. Ma, prima di tutto, ecco il retroscena.
Siamo nel 1926, scrive il nostro articolista. Da pochi mesi, il generale Carmona ha calcato la scena pubblica, instaurando una dittatura militare. In questo contesto, la rivista “Sol”, la quale chiuse i battenti poco tempo dopo, ospita una curiosa intervista ad un esule italiano, tale Giovanni B. Angioletti. Un uomo la cui avversione verso il fascismo fu tale da spingerlo a definire Mussolini un “primitivo celebrale”, a capo di un movimento contagioso come la follia, che avrebbe costituito uno dei capitoli del grande tradimento della “missione civilizzatrice” assunta dall'Italia subito dopo la sua Unità. Nulla di strano, no, soprattutto pensando a quanti avversari ebbe il Regime dentro e fuori dall'Italia? E ecco che invece è il nostro poeta che ci ha tirato nuovamente uno scherzetto. Dietro a quest'uomo, ignoto non fosse che per la detta intervista, si cela Fernando Pessoa.
Ma non è tutto. Nello stesso articolo si legge di un frammento trovato da Barreto nel celebre “baule” pessoano, le cui vicende hanno appassionato ragazzi e adulti di ieri ed oggi, il quale reca queste parole, atte a commentare la puntualità dei treni “quando c'era lui”, con toni che sono a tutti gli effetti quelli pessoani: “Se i fascisti vi uccidono il padre a Roma, da Milano potete sempre arrivare puntuali al funerale”. La grandezza di Pessoa risiede anche in questo: nel condensare la sua critica libertaria ad un regime populista, massificatore e chiassoso in poche, aggressive allocuzioni. Non c'è niente da fare, è così. Si possono elaborare lunghe ed elaborate argomentazioni ma chi ha il dono dell'aforisma, le scavalca, librandosi, scagliando le sue parole come schegge, come scrisse un grande scrittore di aforismo, Dàvila.
Benissimo. Questo ritrovamento depone a favore dell'esistenza di una parte – in senso letterale, s'intende, da un punto di vista eteronimico – antifascista di Pessoa. Niente di nuovo, purtuttavia. Già erano arcinote le avversioni pessoane verso il Regime mussoliniano – ma anche verso quello salazariano. Meno noto è forse che Pessoa ebbe a criticare tanto i summenzionati Regimi quanto comunismo e democrazia. Se pertanto, possiamo definire Pessoa “antifascista”, allora dovremmo aggiungere alla dicitura anche il suo tratto anticomunista e antidemocratico. Pessoa, assieme a molti altri, criticò in detti regimi il livellamento delle specificità in masse amorfe ed acefale, disposte a scattare al primo tacco di stivale battuto al suolo. Nell'imbarbarimento operato da fascismi e comunismi egli vide la fine della storia, l'ingresso nella modernità. Pessoa era antimoderno – anche qui risiede la sua attualità. Forse a certi stomachini delicati non andrà giù, ma egli fu anche questo, tra le altre cose – tra le moltissime altre cose.
Sì, ma perché queste righe, allora? A parte suo il titolo – che pare comunque echeggiare qualche slogan trito e ritrito, che comunque non può che ossequiare il “buon senso” accuratamente coltivato da certa cultura italiana, la quale vive di parole d'ordine alle quali, per pavloviano influsso, letteratini di terz'ordine si alzano ed applaudono, al pari di quelle masse ammaestrate dai demagoghi di turno che l'articolo vorrebbe denunciare – il contributo è serio, obiettivo e scientifico. Si limita ad informare e nulla di più. Tuttavia, la chiosa finale ne preclude il carattere, rilevando la sua vera intenzione. “E pensare, scrive il Sacco, che da noi, anche in occasione della morte di Antonio Tabucchi, si è continuato a ripetere che Pessoa fosse stato un uomo di destra”. Ahi ahi! Perché una caduta di stile di questa sorta? Forse era necessario aggiungere una tacca alla lista degli eteronimi per conoscere l'avversione del poeta a qualsiasi forma di oppressione legalizzata – fosse fascista o comunista o democratica?
Ci permettiamo un paio di considerazioni, a proposito di questo “Sacco di Lisbona”. Circa l'equazione Destra-Fascismo, altri prima di noi hanno già scritto abbondanti pagine e non insisteremo ulteriormente. Come non ricordare, però, tutti quegli intellettuali da sempre fieramente proclamatisi di Destra che criticarono profondamente gli aspetti più populisti e deleteri del Fascismo, ma anche del nazionalsocialismo? Come non ricordare i nomi di coloro che si opposero al Regime non in quanto suoi avversari ma in quanto avversi al ducismo organizzato, alle sue forme più esteriori, alla sua biopolitica? Destra e “antifascismo”, pertanto, sebbene il nostro articolista paia ignorarlo, non sono espressioni necessariamente antitetiche. È possibile criticare le adunate oceaniche ed essere al contempo di Destra – il fascismo, peraltro, non essendo che un capitolo tra gli altri della Destra. Sorprese, queste, che la storia riserva, che tuttavia riempiono di stupore solo chi sia in grado di intravederle.
Il che, comunque – diciamolo subito, prima che qualcuno gridi allo scandalo – non è il caso di Pessoa. Il quale non può essere – e non è stato – definito un uomo di Destra. Come è accaduto per numerosi altri scrittori e pensatori – valga come caso esemplificativo il nome di J. R. R. Tolkien – lo spettro dello “scrittore di Destra” è stato evocato “dall'altra parte. Che è accaduto a seguito della morte di Tabucchi? Non vi sono state che puntualizzazioni di carattere scientifico – che qualcuno, oggi come ieri, continua a confondere con ideologia – concernenti il modus operandi del grande traduttore e promotore, che ha diffuso sì la figura di Pessoa, mutilandola però da tutta una serie di tratti fondamentali – dagli studi sul mito agli interessi pessoani verso dottrine esoteriche e i suoi studi sulla tradizione. Questo è accaduto. E null'altro. Altro che “scrittore di Destra”.
Prima di essere definito scrittore di qualsivoglia “parte” politica, Pessoa disponeva di una sua peculiare immagine del mondo, di una Weltanschauung – oggi un bene più prezioso dell'acqua nel deserto – che subordinò la storia al mito e rifiutò quelle innumeri dottrine moderne che legano il divenire dell'uomo e del suo ambiente circostanze alla mera materia. Fu avversario del progressismo, del materialismo, degli ideali della Rivoluzione Francese e se criticò il Fascismo, il salazarismo, il comunismo e il democratismo, ciò avvenne come declinazione particolare di questa sua visione delle cose. La sua avversione a questi fenomeni, vittoria della quantità, di un imbarbarimento che abbassa l'uomo al suo piano animale, dunque, non è che una applicazione di questa sua filosofia della storia. Nei detti movimenti – e anche qui risiede la sua drammatica attualità – egli vide la Modernità trionfante, nelle sue maschere più orribili, dalle orbite vuote. Vide la vittoria del nichilismo, tema tanto caro a Friedrich Nietzsche, di cui il poeta portoghese fu attento lettore, sino ad auspicare, in uno dei suoi scritti firmati dall'eteronimo futurista Campos, dopo aver messo al bando qualsiasi forma di potere organizzato e di cultura, l'avvento del superuomo, sì, proprio di quel superuomo:
“Il superuomo sarà non solo il più forte ma anche il più completo!
Il superuomo sarà non solo il più duro ma anche il più complesso!
Il superuomo sarà non solo il più libero ma anche il più armonico!”
E, si badi – e questo a ricordare la complessità di un pensiero che non è riducibile ad uno dei suoi tratti senza risultarne distorto e mutilato – nello stesso articolo, critica il nietzschianesimo d'oltralpe nonché la figura di d'Annunzio, che di quest'ultimo fu alfiere in Italia.
È a questa visione del mondo che occorre guardare, non alle sue declinazioni individuali. Ma, si sa, è molto più facile fissare il dito, piuttosto che la Luna. Soprattutto quando esso punta contro il Nemico Assoluto.
Pessoa non fu “uomo di Destra”. Affermare ciò è tanto riduttivo quanto affermare il suo essere esclusivamente “antifascista”. Queste sono bagatelle che riguardano solo ed esclusivamente una certa cultura italiana, ancora viziata da vecchie categorie che, non appena ne capita l'occasione, vengono ribadite, a suggello della loro perenne validità. È la “tradizione orale” del nostro Paese; per quanto ancora ci impedirà di accedere alla naturale complessità di un'opera e di un autore come quello in oggetto?

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