lunedì 22 ottobre 2012


Ezra Pound 1972-2012 Attualità di un poeta

A distanza di quarant’anni dalla morte, gli scritti di Ezra Pound vengono continuamente ripubblicati e commentati, e le sue teorie economiche, fino a pochi anni fa screditate, risultano essere quanto mai attuali. Americano di nascita, l’autore dei Cantos fu italiano d’adozione, dato che visse prima a Rapallo e poi a Venezia, dove è sepolto. La città di Milano celebra il quarantennale della morte con una serie di iniziative che coinvolgono l’Università, l’editoria, il cinema, tutti campi legati al suo genio. Le Edizioni Bietti, in collaborazione con l’ente morale Ares, l’Università degli studi di Milano e la Libreria Internazionale Hoepli, con il patrocinio dell’Assessorato alla Cultura della Provincia di Milano, ha organizzato il progetto Ezra Pound 1972-2012. Attualità di un poeta.

Lunedì 5 Novembre, ore 18.00
Spazio Oberdan
Proiezione dei filmati di Bernard Dew dedicati a Ezra Pound e presentati alla 59ª Biennale di Venezia. Interverranno il regista Bernard Dew e Luca Gallesi, direttore della collana poundiana (Ares). Saranno presenti Andrea Scarabelli (Bietti) e Cesare Cavalleri (Ares). Saluto dell’assessore alla Cultura della Provincia di Milano, Umberto Novo Maerna.

Martedì 6 Novembre, ore 10.30
Università degli Studi di Milano
Il poliedrico Pound
Interverranno: Davide Bigalli, Università degli Studi di Milano; Andrea Colombo, giornalista; Bernard Dew, regista; Luca Gallesi, saggista; Alessandro Rivali, poeta; Alessandro Zaccuri, scrittore.

Martedì 6 Novembre, ore 18.00
Libreria Hoepli
Presentazione di Carta da Visita di Ezra Pound (Edizioni Bietti, 2012)
Interverranno: Giulio Giorello, filosofo e Luca Gallesi, saggista e curatore del volume.

In allegato il comunicato stampa.
Per info: ufficio.stampa@edizionibietti.it


Venerdì 26 ottobre ore 18.30
Libreria Nero su Bianco
Via degli Spagnoli 25, Roma

Presentazione di
Carta da Visita
di Ezra Pound
(Edizioni Bietti, 2012)


Saranno presenti
Luca Gallesi - Curatore del volume
Caterina Ricciardi - Docente di Lingue e Letterature Angloamericane
Andrea Scarabelli - Edizioni Bietti

lunedì 15 ottobre 2012

http://www.ilgiornale.it/news/cultura/pound-carta-visita-straccia-banche-usuraie-837333.html


Pound, la «Carta da visita» straccia le banche usuraie.


Tornano gli scritti filosofico-economici del poeta dei "Cantos". Una denuncia del capitale molto più forte della lotta di classe



Lunedì, 17 settembre, usirà Carta da visita di Ezra Pound, a cura di Luca Gallesi (Bietti, pagg. 106, euro 14). Il libro fu scritto nel 1942 dall'autore direttamente in italiano, ed ebbe una seconda edizione (in sole in mille copie) per Scheiwiller nel 1974. Pubblichiamo parte dell'introduzione di Gallesi e alcuni brani di Pound.

«Socrate fu accusato di empietà e di voler sovvertire le leggi del suo paese; eppure non era né empio né sovversivo, e la storia successiva lo ha dimostrato. Io sono accusato di tradire il mio paese, che amo tanto quanto voi italiani amate il vostro. Ma chi, come me, agisce alla luce di una verità percepita e pre­vista interiormente, anticipa nel presente una realtà futura molto certa». In queste parole, tratte da un’intervista del 1955, quando era ancora detenuto con l’accusa di tradimento a Washington, nel manicomio criminale di St. Elizabeths, c’è tutta la tragica grandezza di Ezra Pound, poeta, profeta e, soprattutto, patriota americano.
Pound si è sempre considerato, infatti, un leale cittadino statunitense, fedele ai principi della Costituzione americana, che i suoi governanti avevano, invece, manipolato e sovvertito. Come era già accaduto in occasione del primo conflitto mondiale, anche nella Seconda guerra mondiale gli Usa erano stati trascinati in un conflitto non voluto, che avrebbe arricchito pochi speculatori sulla pelle di milioni di vittime.
Proprio l’inutile strage della Grande guerra, che aveva mietuto le vite di molti suoi amici artisti, spinge Ezra Pound ad abbandonare il ruolo di esteta distaccato che aveva ricoperto fino ad allora per dedicarsi allo studio delle cause delle guerre, che sono spesso legate alla speculazione: «si fanno le guerre - scriveva ancora nel 1944- per creare debiti». Così, accanto alla sua infaticabile attività di talent scout, che favorì, tra gli altri, Eliot, Joyce ed Hemingway, e mentre cerca di dare con i Cantos un poema epico nazionale all’America, Pound denuncia la «guerra perenne» tra oro e lavoro, tra chi specula e chi fatica, tra gli usurai e gli uomini liberi, e decide di schierarsi a fianco di questi ultimi, scelta mai rinnegata e di cui pagherà dignitosamente tutte le conseguenze fino alla «gabbia per gorilla» in cui fu rinchiuso nel carcere militare statunitense allestito vicino a Pisa.
Prima di giudicare qualcuno, come il poeta stesso amava ripetere, bisogna esaminare le sue idee una alla volta, e quindi è necessario avvicinarsi alle sue opere senza pregiudizi, collocandole nel contesto storico generale e in quello biografico particolare. Riproporre, oggi, la sua Cartadavisita , che Pound scrisse direttamente in italiano, è dunque, innanzitutto, un’occasione per conoscere direttamente il pensiero di Ezra Pound, e confermarne, eventualmente, la profetica attualità.
Nel 1942, quando Carta da visita viene pubblicato la prima volta, il mondo è dilaniato dalla più spaventosa guerra mai combattuta, una tragedia che Pound aveva ingenuamente cercato di evitare con tutti i mezzi, incluso un viaggio intercontinentale per incontrare il presidente Roosevelt e convincerlo dell’importanza della pace.
Oggi,l’Europa non è in guerra, ma la situazione generale non è meno drammatica; il colonialismo si è trasformato in «delocalizzazione », i signori dell’oro sono diventati operatori di Borsa, e i popoli sono sull’orlo di un tracollo economico disastroso, esattamente come Pound aveva immaginato: « Il nemico è Das Leihkapital - tuonava il 15 marzo 1942 dai microfoni di Radio Roma - . Il vostro nemico è Das Leihkapital , il Capitale preso a prestito, il capitale errante internazionale. [...] E sarebbe meglio per voi essere infettati dal tifo e dalla dissenteria e dalla nefrite, piuttosto che essere infettati da questa cecità che vi impedisce di capire QUANTO siate compromessi, quanto siate rovinati ».
Sicuramente, in quegli anni, quando molti intellettuali impegnati si baloccavano con il mito della lotta di classe, Pound doveva risultare quantomeno eccentrico, con il suo insistere nella guerra contro la speculazione finanziaria, ricordando che «una nazione che non vuole indebitarsi fa rabbia agli usurai». Oggi, invece, il suo avvertimento contro «la banca che trae beneficio dall’interesse su tutta la moneta che crea dal nulla», come recita il Canto 46, risulta ben più efficace del rimedio allora auspicato da mol­ti, e cioè la «dittatura del proletariato ».

La nazione non deve pagare l’affitto sul proprio credito

Risparmio Abbiamo bisogno d’un mezzo di risparmio e d’un mezzo di scambio, ma non è legge eterna che ci dob­biamo servire dello stesso mezzo per queste due funzioni diverse. La moneta affrancabile (ovvero prescrittibile) si adoprerebbe come moneta ausiliaria, mai come moneta unica. La proporzione fra la moneta consueta, e l’affrancabile, se calcolata con perizia e saggezza, potreb­be mantenere un rapporto equo e quasi invariabile fra la quantità delle merci disponibili e desiderate, e la quantità della moneta della nazione, o almeno raggiungere una stabilità di rapporti sino al grado conciliabile.  Bacon ha scritto: «moneta come concime, utile solamente quando sparsa». Jackson: «il luogo più sicuro di deposito: le braghe del popolo».
Sociale Il credito è fenomeno sociale. Il credito della nazione appartiene alla nazione, e la nazione non ha necessità di pagare un affitto sul proprio credito. Non ha bisogno di prenderlo in affitto da privati. [...] La moneta è titolo e misura. Quando è metallica, viene saggiata affinché il metallo sia di finezza determinata, nonché di peso determinato. Adoprando una tale moneta siamo ancora nel dominio del baratto. Quando la moneta viene capita come titolo, sparisce il desiderio di barattare. Quando lo stato capisce il suo dovere e potere, non lascia la sua sovranità in balìa di privati irresponsabili ( o che assu­mono responsabilità non giustificate). È giusto dire che «la moneta lavoro» è «simbolo del lavoro». E ancor più è simbolo della collaborazione fra natura, stati e popolo che lavora. La bellezza delle immagini sulle monete antiche simboleggia, a ragione, la dignità della sovranità inerente nella responsabilità reale o imperiale. Collo sparire della bellezza numismatica coincide la corruzione dei governi.
Dichten = CondensareLa parola tedesca Dichtung significa poesia. Il verbo dichten = condensare. Per la vita, o se preferite per «la battaglia», intellettuale, abbiamo bisogno di fatti che lampeggino, e di autori che mettano gli oggetti in luce serena. L’amico Hulme ben disse: «Quello che un uomo ha veramente pensato (per sé) si scrive su un mezzo foglio. Il resto è spiegazione, dimostrazione, sviluppo». Chi non ha forti gusti non ama, e quindi non esiste.

(Il Giornale, 14 settembre 2012)

http://www.loccidentale.it/node/118890


Nell'era dell'e-book ci sono editori che continuano a fare con coraggio il loro lavoro

di Luca Negri


Lo sappiamo, c’è la crisi. E ancor più in crisi è l’editoria: chiudono giornali, grandi marchi riducono il personale, i medi arrancano, i piccoli scompaiono. Però nel caos del settore librario, fra successi da centro commerciale e rifugio nell’e-book, appaiono ancora rispettabilissimi segnali di coraggio e resistenza.
Un nome da fare assolutamente è quello delle milanesi Edizioni Bietti, quantomeno per aver investito in una nuova collana editoriale battezzata “l’Archeometro”. Nome assai accattivante per i pochi che sanno cos’è appunto un archeometro: trattasi di strumento d’origine medioevale che servirebbe a “misurare il legame che ogni cosa mantiene con il principio”. Uno schema: al centro un “centro di gravità permanente” e intorno cerchi concentrici abitati da segni dello zodiaco, simboli alfabetici, elementi chimici, modi dell’essere. La ricerca di questo centro e la polemica contro l’ideologia progressista sono le cifre culturali della collana. Ma la soluzione, la scelta degli autori da editare, non è di matrice reazionaria. Anzi, il volume d’esordio è stato “Un’altra modernità”, firmato da Davide Bigalli. È un saggio che cerca e trova una corrente di pensiero alternativa a quella illuminista e progressista ma libera da nostalgie ancien régime. Ad esempio, forse ci siamo fidati troppo di Kant ed abbiamo trascurato Herder. E poi Novalis, Jacob Burckhardt, Chateaubriand hanno qualcosa di importante da insegnare. In aggiunta,  Bigalli rilegge René Guénon e Julius Evola liberandoli dalle incrostazioni di un certo tradizionalismo retorico.
Il secondo volume edito sotto l’insegna dell’Archeometro è “Carta da visita” di Ezra Pound, un testo del 1942 che mancava da troppo tempo in libreria, un saggio fondamentale per capire il personaggio, il pensatore e l’artista. Il quale lo scrisse appositamente in italiano, con tutto l’amore di cui era capace per la nostra lingua e la nostra millenaria cultura. Al di là dell’aspetto più noto del Pound “fascista” in lotta contro l’usura (inutile sottolinearne la bruciante attualità), c’è quello metafisico, nutrito di gnosi manichea, misticismo medioevale e confucianesimo. È l’opera in cui Pound afferma l’esistenza di due forze operanti nella storia: “una che divide, spezza e ammazza, l’altra che contempla l’unità del mistero”. Poi gioca col nome di Roma che al contrario diventa Amor e chiude poco cartesianamente con “Amo ergo sum”. E poi ci ricorda che “il pensiero è organico”. Un capolavoro.
L’Archeometro ha in cantiere altre chicche firmate da Gustav Meyrink, Guido Morselli, Mircea Eliade, Oswald Spengler e Ernst Jünger. Ripescaggi di un certo livello.
A Milano è nata un’altra iniziativa editoriale, per certi versi ancora più coraggiosa, in radicale controtendenza rispetto alla poca fantasia dei bookstore. Il nome è già un programma: Associazione Libri Perduti. Infatti, intende pubblicare “opere letterarie di autori italiani e stranieri mai edite nel nostro Paese o scomparse dal mercato”, beninteso a prezzo economico. Un catalogo che promette cose bizzarre, da appassionati, amatori, curiosi. Noi abbiamo particolarmente apprezzato il ripescaggio di Joséphin Péladan, uno dei personaggi più interessanti dell’ambiente culturale francese a cavallo tra Ottocento e Novecento (se ne occupò anche Mario Praz). I denigratori lo consideravano un “Platone da strada”, lui era convinto di essere la reincarnazione di un antico re babilonese, scrisse parecchi romanzi sulla “decadenza latina” e qualche trattato di magia. Fondò anche l’Ordine della Rosa-Croce Cattolica del Tempio e del Graal. Malgrado, o grazie a queste stranezze, rappresenta il momento di passaggio fra Baudelaire e i grandi scrittori cattolici francesi che seguiranno: in primis Léon  Bloy e Georges Bernanos. Il libro perduto (l’unica edizione italiana risale al 1919) e ritrovato s’intitola “Dell’androgino”.
Un saggio immaginifico e misterico, ispirato da Platone e dalla cabala ebraica. L’androgino sarebbe il frutto dell’amore, l’unione degli opposti magnetici, dell’uomo e della donna. L’amore è così occasione di reintegrazione, può ricreare l’Adamo primordiale. Un libro più che romantico, dunque. Interessante in quest’epoca di confusione sessuale e relativismo transgender. Invece la prossima uscita dell’Associazione vira decisamente verso l’horror, ma di tipo archeologico. Si tratta de “Lo zombi del Gran Perù o la contessa di Cocagne”, il romanzo con la prima apparizione letteraria dello zombi, il morto vivente dei riti vodoo, scritto da Pierre-Corneille de Blessebois nel XVII secolo.
Rimane da aggiungere che sia la Bietti che l’Associazione Libri Perduti pubblicano e pubblicheranno testi inediti, di autori viventi, forse ancora da scoprire. Un motivo in più per far loro i migliori auguri di lunga vita.

Ezra Pound - "Carta da Visita", Bietti, Milano 2012




Pound, il dissenso vale anche quando si ha torto
di Giulio Giorello - 14/09/2012
http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=44067




Amo ergo sum, ovvero «amo, dunque sono». Parlando d'amore invece che di pensiero, così il poeta Ezra Pound nel 1942 rovesciava il razionalismo di Cartesio. Vale anche l'inverso: chi non ha sentimenti forti non sa amare e forse «nemmeno esiste».

Nel suo Guida alla cultura (1938) aveva scritto: «Nessun uomo decente tortura i prigionieri, nessun uomo pulito tollererebbe le atrocità pubblicitarie che si vedono tra qui e Genova. Nessun uomo libero da parassiti mentali tollererebbe la camorra delle banche o del sistema fiscale». Quattro anni dopo, dava voce direttamente in italiano a questi sentimenti in Carta da Visita, presso Edizioni di Lettere d'Oggi. Ripubblicato da Vanni Scheiwiller nel 1974, questo testo viene ora ripresentato a cura e con un saggio introduttivo da Luca Gallesi che sottolinea l'impegno del poeta come patriota americano, pur «innamorato» della vecchia Europa. Si era battuto perché gli Stati Uniti non entrassero in guerra; era stato incriminato per alto tradimento, e nel 1945 era finito in un campo di prigionia presso Pisa e poi in un manicomio criminale a Washington (sempre senza processo). Liberato nel 1958, fino alla morte (1962) resterà privo della personalità giuridica. Sarebbe ora che gli Stati Uniti rimediassero a questa ingiustizia.

Carta da visita è un impasto di aforismi graffianti, battute sarcastiche, tirate polemiche in una lingua che riecheggia Dante e Cavalcanti. Che si tratti della critica letteraria, del destino della poesia, dei labirinti della filosofia o della stessa astrazione scientifica, il filo rosso è l'ossessione di Pound per l'economia. I grandi finanzieri abitualmente praticano «il trucco di far aumentare il valore dell'unità monetaria manovrandolo per mezzo del monopolio d'una sostanza qualunque, e quindi facendo pagare dai debitori l'equivalente di due volte la merce e i beni avuti al tempo d'un prestito». Per quanto possa suonare semplicistica, è difficile non sentire vicina l'invettiva di Pound. Le bolle finanziarie a livello globale non sono che l'altra faccia dell'oppressione fiscale, della violenza repressiva e del saccheggio dell'ambiente (e non solo tra Rapallo e Genova!). Sono l'amore per la natura, l'arte e la scienza a scatenare l'indignazione di Pound il libertario. Gallesi non nasconde il vizio dell'antisemitismo poundiano, di cui il poeta fece ammenda fin dal 1945, e ne sottolinea le simpatie per il fascismo. «Mille candele insieme fanno splendore. La luce di nessuna candela danneggia la luce di un'altra». È l'inizio di Carta da Visita. Pound aggiunge: «Così è la libertà dell'individuo nello Stato ideale e fascista». Proporrei di rovesciare la battuta: tale dovrebbe essere la libertà dell'individuo in ogni democrazia che non tema, ma ami, i propri dissenzienti.

Il libro: Ezra Pound, «Carta da Visita», a cura di Luca Gallesi, Bietti, pp. 103, 14 euro



http://www.gliamantideilibri.it/archives/12016


5 domande a… Andrea Scarabelli

9 ottobre 2012
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Forse non tutti i lettori sanno che la casa editrice Biettiè una delle più longeve case editrici milanesi. Recentemente è stata “rifondata” e, oltre a dedicarsi all’editoria libraria, da qualche tempo pubblica anche una rivista “Antares”. Noi abbiamo incontrato Andrea Scarabelli, direttore della pubblicazione, e gli abbiamo rivolto qualche domanda per conoscere meglio questa realtà.
“Antares” ha una storia particolare, ci può raccontare come nasce?
Nasce nell’Università Statale di Milano, per quello che, a mio parere, può essere considerato un curioso processo di “eterogenesi dei fini”. È quanto accade quando un’azione o un processo, che hanno certe finalità, finiscono per sortire effetti opposti. Questo è accaduto: che la cultura accademica, bigotta, provinciale e conformista, ha escluso dal suo campo tutta una serie di pensatori “eretici”, addestrando legioni di studenti a fare lo stesso, per perpetuare quella “tradizione orale” assai peculiare nel nostro Paese. Orale, certo, che determina poi però quello che viene o non viene scritto, che viene o non viene pubblicato. In sintesi, ciò che è da considerarsi “interessante” e ciò che invece va emarginato. Gli stessi pregiudizi vengono poi comunicati a tutte le sfere della cultura “alta” che agiscono di conseguenza, ripetendo gli stessi cliché ad infinitum. Ma che accade? Un gruppo di studenti si accorge del trucchetto e decide di riaprire proprio quei libri, di frequentare le riflessioni proprio di quegli autori che non piacciono ai cattedratici. E nasce Antarès. Tirata in poche copie, impaginate dal sottoscritto e stampate nel laboratorio di informatica della Statale. Un fascicolo su H. P. Lovecraft, il romanziere, certo, ma anche l’antimoderno, avverso al progresso, ad un Occidente che ha rinnegato la propria essenza. Contro il mondo e contro la vita (come scriveva Houllebecq). Un numero sulla metafisica del camminare ed un altro sugli antimoderni – Evola, Jünger, Mishima, Spengler, Pasolini.
Per quale motivo la casa editrice Bietti, storica casa editrice libraria milanese, ha raccolto la sfida di realizzare “Antares”?
Sinceramente, non me ne capacito tutt’ora. Per incoscienza, certo, assoluta incoscienza. Per due motivi: anzitutto perché ha voluto mantenerne la originaria formula gratuita. In secondo luogo, in quanto la stagione delle riviste ormai è inoltrata. Ma è una incoscienza che spesso e volentieri salva la cultura, quando quest’ultima è preda di un “politicamente corretto” il cui esercizio avviene sovente con strumenti culturalmente e politicamente scorrettissimi. Di editori “coscienti” ce ne sono a bizzeffe. Ecco perché, per leggere certuni autori, bisogna cercare i loro libri in librerie piccole e nascoste ovvero in biblioteche, perché non vengono più ristampati. Questo è il prodotto della “coscienza”. La storia degli editori “coscienti” è scritta ovunque, nelle pagine culturali dei giornali, nelle librerie del centro, nei talk-show televisivi. Quella invece degli editori “incoscienti” attende ancora di essere scritta. Credo che la Bietti potrebbe costituirne un capitolo piuttosto interessante. Perché è per merito di questa casa editrice, ad esempio, che da qualche tempo è possibile leggere “Carta da Visita” di Ezra Pound, la cui ultima edizione risale agli anni Settanta e venne approntata da Vanni Scheiwiller, altro editore che sempre si batté contro la censura e le tare della cultura ufficiale italiana. Un altro capitolo di questa storia eretica, s’intende.
Da quali figure professionali è composto lo staff che cura questa rivista? Quali obiettivi vi siete proposti di raggiungere e che cosa pubblicate?
L’organico è composto interamente da studenti (laureandi o appena laureatisi). La direzione editoriale è ricoperta dal sottoscritto. Direttore responsabile è invece il giornalista Gianfranco de Turris, che conobbe Antarès nella sua prima formulazione universitaria e ha collaborato in più occasioni con la casa editrice, con antologie e curatele. È una figura straordinaria della cultura italiana, il cui contributo è sempre stato volto alla circolazione delle idee, anche quelle scomode per le intelligenze che disciplinano la circolazione delle idee. Il che poi è lo stesso obiettivo di Antarès: far circolare le idee, quelle idee, “incoscienti” anch’esse, che malvolentieri accettano etichette e che sono i veri motori immobili della storia. Questo l’unico obiettivo di Antarès.
Un punto fondamentale che viene analizzato nel vostro manifesto, ed è anche citato nel sottotitolo, è il riferimento all’antimodernismo, possiamo spiegare cosa intendete?
Si tratta di un concetto che troppo spesso è stato frainteso. Molti hanno visto negli antimoderni intellettuali che si limitarono a mettere alla berlina il proprio presente, in nome di chissà quale insofferenza verso di esso. Nulla di più falso. Essi, al contrario, criticarono la stato di fatto in nome di una visione alternativa delle cose. Qui ci si può riferire al libro di Davide Bigalli Un’altra modernità, dato alle stampe per i tipi della Bietti prima dell’estate. Esso è volto a mostrare questa ambivalenza, che è la stessa poi della modernità, in se stessa. Ovviamente, la discussione richiederebbe diversi volumi e non una chiacchierata. Due cose, però, mi preme sottolineare: già la semplice esistenza di questi autori vorrà pur dire qualcosa, no? Intendo dire che la presenza di intellettuali che non si lasciano abbindolare dalle sirene del presente è un simbolo del fatto che forse questo nostro tempo, nonostante spesso si dica il contrario, non è così univoco, unidimensionale, ma esibisce numerose falle.L’antimodernismo è un prodotto della modernità, una proiezione delle aporie del moderno, che divengono sempre più evidenti con il passare dei decenni. E qui arriviamo al secondo frangente del problema: le teorie degli “antimoderni”, spesso considerate stravaganti o retrograde, oggi trovano il loro compimento. Qualcuno si è forse accorto ad esempio che quanto si va denunciando circa la crisi economica era già stato detto decenni addietro da alcuni “antimoderni”? È il tema del prossimo numero, nel quale non mancheranno sorprese. Crisi della democrazia, ecologia, fallimento dell’idea di progresso – tutte tematiche già trattate, già sviscerate. E dagli antimoderni, per giunta. Peccato i loro libri siano introvabili, a causa della “coscienza” di cui sopra, da cui prima o poi sarebbe assai “cosciente” liberarsi…
I lettori che desiderano sfogliare e leggere “Antares” come possono fare?
Antarès è gratuita. Come ha detto poco tempo fa Luca Gallesi, ad una presentazione della rivista, se il moderno vede la mercificazione di qualsiasi attività umana, allora la gratuità è la forma antimoderna per eccellenza. È la gratuità del dono che non poche voci del nostro tempo hanno indicato come una possibile via per uscire dalla crisi. Idea che sottoscriviamo del tutto. Pertanto, essa non si affida alla distribuzione ma viene distribuita in tutta una serie di librerie fiduciarie il cui elenco è presente sul sito dell’iniziativa (http://www.antaresrivista.it/librerie_c.html). Stiamo attualmente sviluppando l’idea di un mini abbonamento, che copra le mere spese di spedizione, per poter raggiungere i lettori di quelle città non ancora coperte da questa forma di distribuzione. I numeri sono poi disponibili, in formato pdf, al seguente indirizzo (http://www.antaresrivista.it/download_b.html).