lunedì 28 aprile 2014

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Riscoprire Julius Evola al di là di ogni pregiudizio

Milano, 25 aprile 2014 - Dopo una lunga e ingiustificata demonizzazione, sembra che anche a Julius Evola venga finalmente riconosciuto il suo status di rappresentante tutt’altro che secondario della cultura italiana del Novecento. Un pensatore equanime e coltissimo come Franco Volpi, prematuramente scomparso, riteneva già anni fa Evola uno dei grandi filosofi del secolo scorso insieme con Gentile e Croce. Si possono, com’è giusto che sia, criticare e confutare le idee evoliane, ma non è accettabile rigettarle in base a pregiudizi che negano la le stessa libertà di pensiero. E soprattutto non è lecito rinchiuderlo in una sorta di “cattiverio” senza conoscerlo approfonditamente. L’occasione per ripercorrere il suo itinerario intellettuale è offerta, nel quarantesimo anniversario della sua morte, dalla ripubblicazione a cinquant’anni dalla prima edizione del “Cammino del cinabro” che un editore non di parte, ma libero ed onesto, Vanni Scheiwiller, volle a tutti i costi nel suo prestigioso catalogo al fine di respingere le polemiche che qualche anno prima avevano accompagnato l’uscita di “Cavalcare la tigre”, testo evoliano “cruciale” sotto tutti i punti di vista.
Arricchita da note, foto inedite, nuova documentazione e da una bibliografia imponente, la nuova edizione del libro curata da Gianfranco de Turris con l’apporto di Andrea Scarabelli e Giovanni Sessa, preceduta da un saggio di Geminello Alvi significativamente intitolato “L’ebbrezza del vuoto”, si conferma come il solo testo per comprendere l’accidentato e non sempre lineare percorso di Evola nella cultura novecentesca nella quale - come ormai convengono perfino i più ostinati detrattori di un tempo - trasfuse nuova linfa riportando d’attualità un tradizionalismo non sclerotizzato, ma dinamico e una visione del mondo e della vita fondata sui valori spirituali.
Soltanto dalla lettura del “Cammino del cinabro”, vera e propria autobiografia interiore, è possibile capire il tentativo di rimodulare l’approccio alla modernità da parte del pensatore che immaginava una “rivolta” intellettuale e morale per ripristinare non certo decrepiti istituti, bensì per rimettere al centro della cultura e della riflessione politica la persona aggredita dal totalitarismo materialistico e tecnocratico.
Con questo testo Evola restituisce se stesso, in un certo modo, alla platea dei lettori al di là delle interpretazioni apologetiche e delle sconfessioni immotivate. E lo fa raccontandosi attraverso i suoi stessi libri nei quali è condensato un pensiero che, per quanto anticonformista secondo i parametri contemporanei, non smette di suscitare interesse soprattutto in ambiti nei quali neppure l’interessato poteva immaginare.
Gennaro Malgieri

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